Rubrica SIdP
Carmine Porciello, Nadia Buonocore, Maurizio Mazzella

La presenza di un difetto parodontale infraosseo influenza negativamente la prognosi dell’elemento dentario che ne è affetto. In particolare, all’aumentare della profondità del difetto si riduce la probabilità di mantenere l’elemento dentario se il difetto non viene trattato.
L’obiettivo principale del trattamento dei difetti infraossei è dunque costituito dalla riduzione della componente infraossea del difetto e, secondariamente, dalla correzione delle alterazioni anatomiche dei tessuti molli (per esempio, tasche parodontali) a esso associate.
L’obiettivo della terapia parodontale è ottenere tasche poco profonde e mantenibili attraverso la ricostruzione dell’apparato d’attacco distrutto, limitando la recessione del margine gengivale.
Il trattamento parodontale, sia chirurgico che non chirurgico, dopo la guarigione provoca la recessione del margine gengivale che, in casi avanzati di parodontite, può determinare inestetismi nelle regioni anteriori della dentatura, particolarmente a seguito di procedure chirurgiche per le eliminazioni dei difetti ossei, incluse quelle atte a modificare il profilo osseo.
Il trattamento senza modificare il profilo osseo, d’altra parte, può produrre inaccessibilità a una pulizia adeguata durante le fasi di mantenimento post-trattamento. Tali problemi possono essere evitati o ridotti mediante l’applicazione di procedure chirurgiche rigenerative attraverso le quali sia possibile ristabilire, nei difetti ossei, l’attacco parodontale perduto.
L’indicazione di applicazione della terapia parodontale rigenerativa si basa dunque spesso su considerazioni estetiche, oltre che sulla possibilità di migliorare la funzione o la prognosi a lungo termine dei denti trattati.
L’utilizzo di tecnologie quali biomateriali, membrane e agenti biologici in aggiunta al trattamento con Open Flap Debridement (OFD) consente di implementare i risultati clinici della procedura ricostruttiva e di ottenere una rigenerazione, almeno parziale, dei tessuti parodontali.
Negli ultimi decenni l’obiettivo delle tecniche chirurgiche parodontali è stato quello di ridurre al minimo l’invasività delle procedure, al fine di incrementare la tollerabilità da parte dei pazienti e di ridurre il disagio post-operatorio. Harrel e Rees proposero la “Minimally Invasive Surgery” (MIS) al fine di ridurre le dimensioni delle ferite chirurgiche e manipolare delicatamente i tessuti molli e duri.
Cortellini e Tonetti con l’introduzione della “Minimally Invasive Surgical Technique” (MIST) hanno cercato di migliorare la stabilità del coagulo e la chiusura primaria della ferita chirurgica a protezione del coagulo stesso, aspetti ulteriormente evoluti e raffinati con la “Modified Minimally Invasive Surgical Technique” (M-MIST).
Le proposte di metodiche minimamente invasive in chirurgia rigenerativa parodontale possono essere suddivise in due gruppi:
- metodiche con sollevamento della papilla interdentale e del lembo palatino oltre a quello vestibolare;
- metodiche in cui solo il lembo vestibolare viene sollevato, mentre la papilla e il lembo linguale non vengono incisi.
Il difetto pulito può essere poi trattato con varie soluzioni rigenerative: induttori della rigenerazione, quali amelogenine e fattori di crescita, innesti di osso autologo o di materiali eterologhi o combinazioni.
Lo scopo di questo case report è descrivere i risultati della terapia chirurgica parodontale con approccio M-MIST utilizzando una combinazione di gel di amelogenine (Emdogain – Straumann, Basilea, Svizzera) e granuli di Bioss (Geistlich Biomaterials Italia, Thiene/Vicenza, Italia) in una paziente affetta da parodontite di stadio III e grado B che presentava profondi difetti infraossei.
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